Dai trani al bag in box: com’è cambiato il vino sfuso nel tempo

L’acquisto ed il consumo del vino sfuso sono da sempre, nel nostro come negli altri paesi di lunga tradizione enologica, comuni aspetti delle abitudini alimentari e gastronomiche.

Negli ultimi 50 anni, il consumo di vino si è modificato enormemente. In termini quantitativi il consumo di vino nel nostro paese è passato da oltre 100 fino a poco più di 30 litri annui pro capite. In termini qualitativi da elemento imprescindibile sulle nostre tavole in tutti i pasti (colazione, forse, esclusa) ad elemento gastronomico maggiormente e più accuratamente selezionato. Immutati o quasi sono invece rimasti gli aspetti di convivialità, e di situazioni di cultura popolare legati al vino.

Nell’evoluzione dell’organizzazione agricola, e quindi viticola, ma anche delle cantine come strutture di vinificazione, il vino sfuso è andato sempre di più costituendo una categoria quasi a sé stante. Un tempo certamente la quasi totalità del vino prodotto; soprattutto nella prima parte del XX secolo con la nascita delle grandi cantine cooperative praticamente in ogni zona enologica d’Italia e d’Europa. Successivamente una parte solamente della produzione. Dato che l’aumento del numero delle cantine private ha portato ad un innalzamento del livello qualitativo e della quota di vino venduto già imbottigliato.

Il vino sfuso viene prodotto per essere consumato in uno massimo due anni dalla vendemmia, e le sue caratteristiche sono di solito idonee al non richiedere affinamento ulteriore, aspetto che la bottiglia, con il giusto tappo, possono garantire. Elementi che quindi il vino sfuso non contempla nella sua natura: oggi come decenni fa il vetro, il sughero, l’etichetta, la capsula incidono a livello economico talvolta molto di più del vino stesso.

Anche per questo il vino sfuso è rimasto a lungo la tipologia più consumata: nella prima parte del secolo scorso nelle grandi città arrivavano cisterne spesso su ferrovia, presso le quali gli osti si approvvigionavano con le loro botti, vendendo poi il prodotto sfuso al cliente finale o all’avventore dell’osteria. In una grande città come Milano questi luoghi prendevano il nome di “Trani” proprio come riferimento alla zona di origine di questi vini.

Nella seconda parte del secolo la maggiore diffusione delle automobili ha fatto sì che diventasse abitudine diffusa anche nei grandi centri urbani di recarsi direttamente nelle cantine private o sociali di produzione, per riempire damigiane da 28, 34 o 54 litri, da imbottigliare (o infiascare a seconda delle zone) personalmente a casa nelle proprie bottiglie risciacquate. Visti con gli occhi di oggi sono eccellenti esempi di economia circolare ante litteram.

Negli ultimi vent’anni invece l’acquisto del vino sfuso in damigiana è diminuito: la vita più frenetica e le abitazioni più piccole hanno reso meno confortevole questo tipo di soluzione, così come tante altre abitudini quotidiane. A livello qualitativo però le alternative disponibili nelle moderne modalità di acquisto spesso non risultavano e continuano a non risultare all’altezza: in tutte le grandi catene market di distribuzione organizzata la bottiglia “quotidiana” ha spesso un contenuto in vino che tra packaging, marginalità e costi di scaffale, nei vini sotto un certo importo costituisce meno del 20% del valore.

In questo contesto una decina d’anni fa sono rinate (anche se in alcune città non erano mai sparite) piccole enoteche specializzate nella ricerca, e nella vendita, di vini sfusi di elevato profilo qualitativo. Come la Bottega del Vinaiolo e tante altre sparse in tutta Italia.

Più o meno nello stesso periodo iniziava a diffondersi in campo enologico ma non solo un recipiente economico, leggero, riciclabile e pratico: il Bag in Box. Il costo complessivo di un bag in box da 5 litri (6,6 bottiglie da 0,75) corrisponde all’incirca al costo di una singola bottiglia da 0,75. Aggiungeteci che si presta perfettamente alla conservazione del vino entro 6-9 mesi ed è facile intuire come il vino sfuso abbia trovato un nuovo alleato.

In molti paesi europei, Francia in testa, questo recipiente ha spopolato conquistando via via gradimento, ma anche un utilizzo sempre più indirizzato a fasce qualitative più alte.
In Italia la diffusione è minore ma in forte crescita.

Il Vinaiolo da oltre 10 anni crede fortemente in questa soluzione: abbiamo fatto molta ricerca di prodotto, abbiamo spinto molti produttori a sperimentare i bag in box, abbiamo una delle selezioni più ampie in enoteca e online di oltre 100 referenze da tutta la penisola.
Per continuare la storia del vino sfuso.
I Vinaioli

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